Sono
di
uso
comune
le
massime
<<L'uocchio
du
patrunu
’ngrassa
u
cavadd’>>
e
<<Ci
vole
appizzintì,
manni
fora
e
non
ci
scì>>,
quando
si
vuole
sottolineare
che
gli
affari
vanno
curati
personalmente.
Per
lodare
una
cosa
a
cui manca
qualche
requisito
essenziale,
si
usa
dire:
<<La
zita
e’
bella,
ma
li
manca
n’uocchio>>.
Volendo
dire
che
la
venalità
è
un
vizio
antico
e
costante
della
società,
si
fa
uso
del
proverbio:
<<Sant’
Mangione
fascia
tridice
grazie
pi
vuccone>>.
Per
spiegare
quanto
sia
importante
usare
un
linguaggio
preciso
e
diligente
per
arrivare
lontano,
si
usa
dire:
<<Chi
tene
legna
va
’n
Sardegna>>.
Per
indicare
che
la
fine
di
ogni
cosa
è
la
più
difficile
da
superare,
si
usa
il
detto:
<<A
coda
è
a
chiù
brutta
a
scurcià>>.
Per
replicare
ad
una
spesa
eccessiva
e
voluttuosa,
si
usa
dire:
<<Chi
bella
vole
pare’,
tutta
quanta
s’adda
dulè>>.
Per
spiegare
che
bisogna
guardarsi
dalle
lusinghe
dei
seduttori,
si
dice:
<<Quann
’u
diavolo
t’accarezza
tann
vole
l’alma>>.
Quando,
invece,
si
vuole
che
l'amicizia
con
persone
oneste
sia
mantenuta,
si
usa
dire:
<<Tratti
chi
junu
meggh’
di
te
e
fall’
li
spese>>.
Per
paragonare,
nella
furbizia
e
nei
vizi,
il
figlio
ai
genitori,
si
dice:
<<Figgh
di
jatta,
surg’
ancappa
>>.
Per
significare
quanto
siano
inutili
le
discussioni
mentre
c'è
necessità
di
fare,
si
usa
il
detto:
<<Chiacchiere
‘nanzi
furnu,
perdenza
di
pane>>.
Fonte:
Salvatore
CENTOLA
–
“FERRANDINA
E
LE
SUE
REMOTE
ORIGINI
ELLENICO-LUCANE”
-
1931
-
Napoli
-
tip.
Manzoni
&
De
Lucia.